Quanti di voi oggi tornano da una giornata spasmodica, al gelo, sotto la neve alla ricerca di un ninnolo, un mobile, qualcosa da poter impacchettare e dare a braccia tese allo zio che non si conosce per dirgli: “mi sono ricordato anche di te!”
Perché Natale vuol dire regali, ci piaccia o no. Economia che gira, pacchi, nastrini, delusioni e alberi ingombri di oggetti.
Proprio come voi, anche io non so mai che regalare allo zio che non conosco, ma so per certo che un bel cesto pieno di leccornie non possa che fargli piacere!
Perché il cibo, in fondo è il migliore dei regali.
Il cibo è unione, è appartenenza e ritorno alla nostra parte più sincera e infantile.
Quella della madeleine di Proust.
Il periodo migliore dell’anno porta con sé da sempre enormi banchetti, piatti cucinati, magari di fretta ma in gigantesche quantità, ebbene quel cibo per noi vuol dire sepratutto conforto, gioia e sapere che c’è un posto tranquillo per noi.
Tutti abbiamo un piatto che la nonna cucina sempre a Natale: la purea, le polpette, il capitone, il baccalà.
E tutti abbiamo delle ritualità legate al cibo, scuote le il pandoro con lo zucchero vanigliato, il Brindisi col vino cattivo, i piatti di plastica “così almeno non devi lavare tanto!”
Perché le feste in fondo, celebrano il passare del tempo, e con questo il fatto che noi si sia ancora lì a festeggiarlo, e il cibo meglio di ogni altra cosa ci ricorda che tutto può rimanere al suo posto.
Alla prossima, Fabio